Le api estraggono il nettare, che è l’essenza di un ambiente floreale in parte originario, in parte modificato dall’uomo: ogni miele è quindi una sorta di “ritratto gustativo” di un ambiente particolare, che ne include natura e storia e che si manifesta attraverso le differenze e le sfumature di profumi e di sapori.
Il lavoro dell’uomo è presente sia nella forma più generale (10le sue scelte di come insediarsi in un territorio), sia nella forma più particolare, lo stile di raccolta del miele, la scelta di valorizzare certe specifiche fioriture piuttosto che, invece, un insieme di fioriture che racchiude uno o più momenti del ciclo stagionale.
Un miele può provenire da favi di api selvatiche sospesi, nelle foreste del sud dell’India, a rupi alte anche 90 metri, dove viene prelevato con rischiose arrampicate su scale di corda; può provenire dai nidi delle api negli anfratti di alte conifere del Bashkortostan, raggiunti scalando l’albero; può provenire da tronchi cavi o rotoli di corteccia appesi agli alberi di una foresta tropicale; può provenire da arnie moderne, ma collocate in ambienti diversissimi: una spiaggia tirrenica dove gli aromi saturano l’aria, una valle alpina coperta di abeti, giardini, viali, cimiteri di una città come Londra.
Il miele ci parla dunque, oltre che di api, di terre e di persone: terre che possono anche cambiare di patrimonio floreale al passo con le scelte dell’uomo, persone che sono andate inventando e reinventando il mestiere di apicoltore in forme sempre nuove, ogni volta adattandolo a esigenze insieme di scambio con l’ambiente, di sopravvivenza e di filosofia di vita.