Il miele

m_castagnoCi sono diversi modi di definire il miele. Dal punto di vista della biologia animale il miele deve essere considerato come un alimento di riserva: solo le api (10e pochi altri insetti a loro simili) fanno miele perché solo loro, tra gli animali che si nutrono di nettare e polline, hanno la necessità di accumulare scorte di cibo. Risolvono il problema trasformando il cibo fresco dell’estate in un alimento a lunga conservazione. Come alimento il miele può essere visto come una fonte di zuccheri semplici e per questo è un cibo altamente energetico e dolcificante. In questa categoria è l’unico che non necessita di nessuna trasformazione per arrivare dalla natura alla nostra tavola. La formulazione legale, anche se forse suona un po’ troppo fredda, contiene tutti gli elementi fondamentali per identificare in modo univoco il prodotto:
“…per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”.rn

Il miele ha una natura duplice. Il ruolo delle api è fondamentale nell’elaborazione del prodotto: solo a loro è possibile compiere questo incredibile lavoro di spigolatura, di raccolta di minuscole goccioline per assemblare quantità significative di nettare, da trasformare poi con un processo altrettanto minuto e paziente. La materia prima di partenza però è di origine vegetale ed il miele finito deve le sue caratteristiche, più che a ogni altro passaggio, alla natura, alle caratteristiche e alla provenienza della materia iniziale. Il nettare è una sostanza zuccherina che le piante producono proprio per attirare gli insetti, che si fanno così vettori inconsapevoli dei polline, l’elemento fecondante, che viene in questo modo trasportato su altri fiori. Piante diverse danno nettari diversi e di qui nasce la varietà del prodotto. Anche il polline viene raccolto dalle api, ma non serve per l’elaborazione del miele, ma come alimento proteico per le forme giovanili. Nel miele il polline è presente solo in piccolissima quantità, come componente accidentale.
Altro materiale di partenza per la formazione del miele è la melata, in questo caso, è la linfa stessa delle piante, della quale si nutrono insetti quali gli afidi e le cocciniglie. Il surplus di sostanza zuccherina non utilizzata da questi insetti viene riciclata dalle api.

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Il miele è formato quasi esclusivamente da zuccheri: questi infatti rappresentano dal 95 a più del 99 % della sostanza secca e gli zuccheri semplici, fruttosio e glucosio, ne costituiscono la maggior parte (1085-95 %), generalmente con prevalenza del primo. Le proprietà fisiche e nutrizionali del miele sono dovute in gran parte a questa composizione e, in particolare, all’alto contenuto in fruttosio.

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Mieli italiani

 

Il miele è soprattutto un alimento e la sua attività sulla salute è da ricercarsi negli aspetti nutrizionali più che in attività farmacologiche specifiche. Tra i diversi prodotti non può essere fatta una graduatoria di qualità: ogni consumatore sceglierà il preferito secondo il gusto e le abitudini alimentari personali. Generalmente i mieli poco aromatici, neutri e delicati (10acacia, sulla, leguminose in genere) piacciono a tutti, come pure i mieli con aroma floreale leggero (10rododendro) o intenso (10agrumi). I mieli con aroma deciso non piacciono a tutti, ma il consumatore che sceglie un miele fortemente aromatico, generalmente, lo preferisce a tutti gli altri.

 

Polline

Il polline è una struttura microscopica alla quale le piante superiori affidano il trasporto delle cellule germinali maschili. Appare come un materiale pulverulento, diversamente colorato, ben visibile sulle antere di alcuni fiori di grandi dimensioni, come gigli o papaveri. Le piante, immobilizzate dalle loro stesse radici, necessitano di particolari stratagemmi perché l’incontro riproduttivo tra due individui possa realizzarsi. Così il trasporto del polline avviene grazie alla collaborazione con una serie di alleati, diversi per ogni tipo di pianta. Alcune si affidano al vento, che non chiede niente in cambio, ma è anche un postino decisamente poco preciso. Altre hanno stretto accordi, che sono andati perfezionandosi e diventando via via più specifici nel corso dell’evoluzione, con particolari insetti o altri animali.polline-ape-fiore-12 L’insetto trasporta il polline da un fiore all’altro perché volare di fiore in fiore ha, per lui, un preciso scopo: in una buona pane dei casi, la ricerca del cibo. Le api, in particolare, sui fiori da loro frequentati trovano nettare, fonte di sostanze zuccherine, e polline, ricco di sostanze indispensabili all’accrescimento. All’interno dell’alveare la maggior parte del polline raccolto viene consumato dalle giovani operaie che, grazie a questo apporto proteico, possono a loro volta produrre, per secrezione ghiandolare, gli alimenti destinati alle larve e alla regina. Il polline viene raccolto grazie ad attrezzi particolari dei quali le api operaie sono dotate. Grazie alla peluria che le ricopre e a spazzole di peli rigidi che hanno sulle zampe, le operaie sono in grado di recuperare la polvere di polline che le ha ricoperte durante il lavoro e di ridurla in masserelle che poi accumulano e trasportano nelle “cestella del polline”, costituite da lunghe setole arcuate situate nel 30 paio di zampe. I singoli granuli pollinici hanno dimensioni variabili da pochi micron a circa 0,1 mm; sono dotati di una parete esterna costituita da una sostanza resistentissima (10sporopollenina) che ne protegge efficacemente il contenuto. Questa resistenza particolare ne permette la conservazione anche in certi sedimenti geologici, allo stato di scheletro o polline fossilizzato. Questo, insieme al fatto che i granuli pollinici appartenenti a specie diverse differiscono per l’aspetto (10forma, dimensioni, aperture, ornamentazione) e sono per questo riconoscibili al microscopio, ha permesso lo sviluppo di una scienza, la palinologia, che trova applicazioni in diversi campi quali la geologia, l’archeologia, la climatologia, la criminologia, l’allergologia, la merceologia, nonché lo studio dei rapporti tra insetti e piante. Nonostante questa protezione indistruttibile, il granulo pollinico ha tuttavia alcuni punti deboli. La struttura esterna presenta infatti punti assottigliati, detti aperture, che permettono la germinazione del polline nel caso il granulo dovesse arrivare alla sua destinazione ideale, sullo stimma fioraie. Questi stessi punti di rottura permettono agli animali che fanno uso alimentare di polline di digerirne efficacemente il contenuto, anche se i succhi digestivi non riescono comunque a distruggerne la parete esterna.

 

UNA RISORSA POCO SFRUTTATA

 

Il polline portato all’interno dell’alveare viene stoccato nelle cellette dei favi dove subisce un processo di conservazione paragonabile a quello del foraggio insilato (10fermentazione lattica). Sembra che questo passaggio ne renda la composizione più idonea all’alimentazione delle api; in questa forma il polline non è estraibile dai favi in modo economicamente interessante. La produzione commerciale si basa sulla cattura del polline, prima di questa trasformazione mediante particolari dispositivi (10trappole) posti all’entrata dell’alveare. Nell’ape che rientra carica, le masserelle raccolte debordano dalla sagoma lateralmente: costringendo l’ape a passare attraverso una griglia con fori di diametro appositamente calibrato, le pallottole vengono automaticamente scaricate e finiscono in un cassetto sottostante. api-con-polline1Non tutto il polline viene sottratto in questo modo: si calcola che il rendimento ideale delle trappole sia del 10-15%. La trappola costituisce comunque un ostacolo all’attività dell’alveare, non tanto per il materiale che sottrae, quanto piuttosto per il disturbo ai movimenti di entrata e di uscita dall’alveare. Essa viene per questo utilizzata solo nei periodi in cui la raccolta può dare migliori rendimenti. Il polline, raccolto giornalmente, può a questo punto essere essiccato a temperatura moderata (10essiccatoi ad aria calda), cernito e confezionato in recipienti ermetici, eventualmente sottovuoto. In questo caso però si verifica una grossa perdita di sostanze attive. Le api  infatti sottopongono il polline raccolto all’azione di tre lieviti e di un numero che va da cinque a otto fermenti lattici, perché possa essere conservato alla temperatura di 36° dell’alveare e al livello di umidità del 95% richiesto per lo schiudersi delle uova e per lo sviluppo della covata. Questa flora viene invece perfettamente conservata con la congelazione.
Una produzione significativa di polline in Italia ha cominciato a prendere piede solo recentemente entrando in un mercato finora coperto soprattutto da prodotto di importazione (10Spagna e paesi dell’Europa dell’est).

 

SCONSIGLIATO AGLI ALLERGICI
I pollini di diverse piante differiscono notevolmente per composizione e quindi per valore nutritivo. Tutti i pollini contengono le diverse classi di sostanze alimentari (10protidi, glucidi, lipidi, sali minerali, vitamine) in proporzione tale da soddisfare le necessità delle api. Riguardo al suo valore alimentare per l’uomo le opinioni sono contrastanti: confrontando la sua composizione con quella degli altri alimenti, alcuni autori (10Dillon e Louveaux, 1986) concludono che il polline non raggiunge il valore del lievito di birra e neppure dei legumi.cassettino-polline1 D’altra parte le ricerche di Chauvin (101968), dimostrerebbero che il polline contiene sostanze in grado di rendere più efficiente l’utilizzazione dei principi alimentari. Il polline sarebbe quindi consigliabile soprattutto come alimento ricostituente,in casi di anoressia, deperimento organico e stress. Sono spesso ricordati anche gli effetti sulle funzioni digestive: il polline avrebbe un effetto regolatore, portando a miglioramento sia i casi di stitichezza che di diarrea. Un particolare relativo all’assunzione umana riguarda le allergie, in quanto la sensibilizzazione nei confronti del polline è piuttosto alta. Si sente molto spesso dire che il polline raccolto dalle api non conterrebbe le specie più comunemente allergeniche: questo è vero solo in parte e comunque le eccezioni alla regola sono tante. Il rischio di reazioni gravi in occasione dell’assunzione per via orale di pollini allergizzanti è tale da sconsigliarne l’uso alle persone allergiche.

Propoli

 

La propoli è una resina prodotta dalle piante e che le api utilizzano all’interno dell’alveare.propoli Molto della propoli dei nostri alveari deriva dalla resina che ricopre le gemme del pioppo, ma le api possono utilizzare molte altre resine e gomme vegetali (10per esempio di conifere, betulla, ippocastano). In mancanza d’altro le api si adattano ad utilizzare alla stessa maniera anche altri materiali quali catrame, stucchi e vernici. La propoli viene trasportata nelle cestella, ma le api riescono a raccoglierla e lavorarla solo nelle ore più calde della giornata e impiegano alcune ore o giorni per liberarsi del carico. La propoli viene utilizzata all’interno dell’alveare come materiale da costruzione, eventualmente miscelato con quantità variabili di cera. Con la propoli le api stuccano tutte le fessure, compresi gli interstizi tra le parti mobili dell’alveare. La utilizzano come materiale da costruzione dove la cera pura non farebbe altrettanto buona riuscita, per esempio per restringere la porta d’entrata. Ne ricoprono le superfici interne dell’alveare, trattando allo stesso modo anche gli eventuali corpi estranei che non possono essere altrimenti eliminati.
DUE SISTEMI DI ESTRAZIONE
Fino a pochi anni fa la propoli era nota solo come quella resina appiccicosa che disturbava il lavoro dell’apicoltore, responsabile di occasionali allergie professionali, utilizzata qualche volta come componente di mastici o vernici usati in campagna. Poi ne è stato riscoperto il valore come farmaco di origine naturale e ne è cominciata la raccolta sistematica. Esistono sostanzialmente due sistemi di raccolta: la raschiatura dell’interno dei materiali utilizzati in apicoltura e la stimolazione della deposizione di propoli su superfici preparate allo scopo e dalle quali la raccolta sia più agevole e abbondante. Il primo sistema è una rielaborazione del lavoro invernale di rimessaggio delle attrezzature. Il materiale recuperato, se non è ottenuto con una tecnica mirata, rischia di contenere poca propoli e molto materiale estraneo e impurità (10cera, schegge di legno e di vernice, api). La tecnica corretta consiste nello staccare i depositi della propoli per recuperarli e gettare tutto il resto, piuttosto che recuperare tutta la raschiatura derivata dalla pulizia delle attrezzature. L’alternativa consiste nell’immettere nell’alveare, in posizione idonea, superfici forate che le api abbiano tendenza a propolizzare (10reti, griglie metalliche o di plastica), che vengono periodicamente ritirate e dalle quali, con analogo lavoro di raschiatura o con un sistema di estrazione diverso, è possibile ottenere propoli. La propoli così ottenuta deve essere conservata in camera refrigerata, per evitare lo sviluppo di tarme della cera e per prevenire il rammollimento del materiale che provocherebbe l’aggregarsi di tutta la massa in un unico blocco.
DA USARE COME UN FARMACO
Le componenti della propoli vengono in genere distinte tra quelle che fanno parte della frazione delle resine (10materiali solubili in alcol a temperatura ambiente) o delle cere (10materiali insolubili in alcol a freddo, ma solubili in etere). Queste due frazioni sono sempre presenti in proporzioni anche molto variabili tra di loro, in funzione delle modalità di deposizione della propoli nell’alveare da parte delle api e di quelle di raccolta da parte del produttore. La frazione delle cere corrisponde infatti verosimilmente alla componente di cera secreta dalle api e utilizzata nell’alveare in stretta associazione con la propoli stessa. Le sostanze più interessanti fino ad oggi identificate, quelle alle quali sono state associate alcune delle attività della propoli, fanno parte della componente resinosa. Sono composti aromatici e fenolici diversi; tra questi il gruppo dei flavonoidi, che è forse quello meglio studiato, costituisce una parte consistente dell’estratto alcolico.
La propoli è molto utilizzata in preparazioni farmaceutiche nei paesi dell’Est europeo, dai quali ci viene buona parte delle informazioni riguardo alle sue proprietà. La propoli viene usato soprattutto per le sue attività antibatteriche, antimicotiche, anestetiche, cicatrizzanti. Già queste attività rendono conto dell’efficacia in numerose patologie, ma, secondo alcuni autori, la propoli troverebbe impiego anche in malattie degenerative, tumorali e virali, nonché negli individui sani, in quanto aumenterebbe le difese immunitarie. Le sue attività antiossidanti svolgerebbero inoltre un’efficace azione protettiva antinvecchiamento. Ne è inoltre stato prospettato un impiego in agricoltura, per la difesa fitosanitaria. Tale abbondanza di indicazioni non sempre si basa su una sperimentazione sufficientemente ampia e approfondita. Molti dei dati riportati dalla letteratura scientifica internazionale necessiterebbero di ulteriori conferme. Aldilà di queste considerazioni, che tuttavia non vogliono sminuire il valore potenziale della propoli come farmaco, è necessario avvicinarsi a questo prodotto con particolare prudenza. Proprio perché dotato di attività farmacologiche potenti la propoli non deve essere utilizzata a sproposito e al di fuori del controllo medico. Dopo aver tanto criticato l’uso e l’abuso di farmaci, ricadremmo nello stesso errore semplicemente perché, in questo caso, il farmaco è di origine naturale. Un ambito però non ancora sufficientemente studiato è la relazione tra composizione e attività; nella pratica si ritrova analoga carenza nella standardizzazione dei preparati.
PIU’ DIFFUSA LA TINTURA ALCOLICA
Si trovano in commercio diversi prodotti contenenti propoli, con la finalità di renderne possibile l’uso per particolari impieghi (10pomate o lozioni per uso esterno) o per facilitarne la somministrazione e il dosaggio.
Per quelli commercializzati in Italia si tratta, nella quasi totalità dei casi, di prodotti che non hanno le caratteristiche e i requisiti dei farmaci, pur avendone le proprietà. Uno dei preparati più diffusi, per la facilità di preparazione e la versatilità d’impiego, è la tintura alcolica di propoli, che chiunque può preparare in casa, per uso personale, partendo dalla propoli grezza.
Si tratta infatti di far macerare popoli opportunamente sminuzzata, in alcol puro, a temperatura ambiente, per 15-30 giorni. La proporzione propoli/alcol può variare secondo l’uso che se ne farà: non conviene comunque alimentare eccessivamente la quantità di propoli per evitare di ottenere soluzioni difficilmente filtrabili e una non completa estrazione della componente resinosa: una parte di propoli e tre di alcol è la proporzione più spesso utilizzata.
A macerazione ultimata le impurità e la cera vengono eliminate per filtrazione su carta, per ottenere una soluzione limpida. La tintura così ottenuta può essere conservata in flacone di vetro scuro per lunghi periodi. L’intorbidamento della soluzione, che può verificarsi per l’abbassarsi della temperatura o quando questa entra in contatto con l’acqua, indica una precipitazione di sostanze, ma non ne pregiudica le caratteristiche.
 

Pappa reale

CHE COS’È LA PAPPA REALE?
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È prodotta esclusivamente dalle api nutrici, in età compresa tra il 5° ed il 14° giorno dalla loro nascita, come secrezione delle GHIANDOLE IPOFARINGEE e MANDIBOLARI, e costituisce il nutrimento di tutte le larve d’ape durante i primi tre giorni di vita. Questo particolare “trattamento di favore”, è prolungato per l’intero periodo larvale ed, in parte, per tutta la vita in forma d’insetto, solo alla popolazione destinata a diventare ape regina.

 

La nutrizione con pappa reale costituisce il fattore determinante della trasformazione di una larva di ape operaia in “ape regina”:pappa-reale-in-celle-reali permette lo svilupparsi dell’apparato che produce le uova e ne prolunga la sua vita! Sono queste due caratteristiche che, negli ultimi anni, hanno fatto attribuire a questa sostanza un’efficacia particolare anche per l’uomo!
Ad oggi, comunque, la composizione della pappa reale è risultata abbastanza insolita ed unica per i sistemi naturali.

È un cocktail di bio-catalizzatori contenuti in una miscela di componenti biologici ordinari: si tratta di un insieme LIPIDO-GLUCIDO-PROTEICO.

Non si conosce, ad oggi, ogni segreto nella sua composizione, ma sicuramente contiene:
Acidi grassi: ne contiene circa 31 (10saturi ed insaturi). Il 10-HDA è forse il più importante.

È un acido grasso insaturo (10Acido trans-10 idrossi-D2-decenoico) che esiste unicamente nella pappa reale. Altri sono stati individuati, ma restano ancora sconosciuti.

Zuccheri: gli zuccheri totali contenuti nella pappa reale sono così scomponibili:
glucosio + fruttosio dal 33% al 43%, saccarosio dallo 0% al 6%, maltosio dallo 0,4% al 1,4%
Oligoelementi: sono stati individuati al suo interno 5 elementi minerali: calcio, potassio, sodio, magnesio, zinco.
Contiene inoltre quasi tutte le vitamine conosciute, tracce di Ormoni, Enzimi e fattori colinergici. Il suo PH è compreso fra il 3,5-4,5. pappa-estrazione