All’Altopiano di Lavarone si arriva in tre quarti d’ora da Trento; in un’ora e mezza – più o meno – sia da Bolzano, che da Padova che da Verona; in due ore e mezza da Bologna; in poco più di due ore anche da Brescia. Lavarone è una località turistica sia invernale che estiva a mille metri di altezza, e anche il “Museo del Miele” rimane aperto estate e inverno (10oltre che autunno e primavera). Certo, non è proprio dietro l’angolo di casa, ma vale un viaggio, e, se siete appassionati, anche più di una semplice visita. Come quei francesi che, di passaggio a Lavarone insieme al Presidente di Apistoria, Nino Masetti, con l’idea di visitare un altro analogo museo, quello di Oderzo, hanno alla fine deciso di prenotare un albergo sull’altipiano per gustarsi bene quello straordinario museo e prendere con calma fotografie e appunti.
L’amore che gli apicoltori hanno per il loro lavoro li porta spesso a conservare con devozione qualche vecchio strumento o alveare, e anche per i Marigo l’idea di un museo nasce da un nucleo originario di attrezzi per lo più di famiglia (10visto che l’apicoltura in casa Marigo è ormai alla quarta generazione). Contattati dal Museo di Oderzo alla ricerca di oggetti da collezione, Bruno Marigo e suo figlio Amelio si sono lasciati infiammare dall’idea di un museo tutto loro, un entusiasmo che è divampato e li ha tenuti impegnati per anni nella raccolta dei materiali. Questa ricerca li ha portati a viaggiare “per tutta Italia e per mezza Europa”, con puntate anche in Marocco, non solo a caccia di oggetti per poter arricchire il patrimonio del museo, ma sulle tracce delle tradizioni e delle origini dell’apicoltura, a volte in compagnia di Nino Masetti, uno degli studiosi più appassionati di tradizioni apistiche. Hanno restaurato uno ad uno, sulla grande tavola di casa, vecchi alveari, bugni rustici, smielatori, piastre per confezionare fogli cerei e presse. La primavera e l’estate erano dedicate alle api, l’autunno e l’inverno alla costituzione del museo. La voce si era sparsa, e molti apicoltori o figli di apicoltori erano felici di donare al museo dei ricordi finora conservati gelosamente e carichi d’affetto. Con altri è stato necessario un lungo e costante “corteggiamento”. C’è chi ha lasciato detto alla moglie di far loro avere, alla sua morte, un vecchio affumicatore particolarmente ingegnoso. C’è chi ha suonato alla loro porta per avvertirli di aver trovato, nella discarica del paese, dei vecchi smelatori: ma erano gli smielatori che Bruno e Amelio, ormai sommersi di vecchi attrezzi, avevano scartati!
Nel museo è possibile trovare non solo arnie rustiche e alveari da tutto il mondo, provenienti da tradizioni di apicoltura diversissime ed epoche lontane, ma anche strumenti per l’estrazione del miele e la lavorazione della cera e per la pratica dell’allevamento delle api, fino a rarità come api fossili o apoidei imprigionati in ambre antiche milioni di anni. I materiali sono ben organizzati, in uno spazio luminoso. Esiste anche un percorso per la comprensione del mondo delle api, la loro biologia, la loro interazione con l’uomo. Normalmente sono Bruno e Amelio Marigo in persona che guidano la visita. Al piano superiore, una sezione di riviste di Apicoltura e libri molto ricca anche di rarità introvabili: basterà citare, per far correre un brivido lungo la schiena a chi conosce un poco la storia dell’apicoltura, l’edizione 1801 del volume del Tannoja “Delle api e loro utile e la maniera di ben governare”,la “Storia naturale della regina delle api “ del Von Schirach del 1774, la “Guida sicura pel governo delle api” di Thomas Wildman, nell’edizione del 1775. Tutti libri che sono a disposizione, sul posto, di qualunque ricercatore volesse consultarli, senza le pastoie burocratiche delle Biblioteche o degli Istituti.
D’estate, in un apiario vicino a casa, è possibile assistere a una visita degli alveari. Al piano terra del museo è in attività una smieleria professionale. Al museo è collegato un negozio dove i Marigo vendono esclusivamente le loro varietà di miele, con un’unica eccezione, il miele calabrese di eucalipto, retaggio degli anni in cui hanno praticato apicoltura nomade dal Trentino alla Piana di Sibari.
Chi può essere interessato a questo museo? Scolaresche, e turisti, è fin troppo ovvio. Ma tutta questa ricchezza non solo di patrimonio raccolto, ma di esperienza personale e professionale dei Marigo può essere valorizzata anche in modo più approfondito. Il museo potrebbe essere quindi meta delle gite di studio di Associazioni di Apicoltori o di scuole agrarie, momento didattico di un corso di apicoltura, fonte di ispirazione per ricerche sulle tradizioni contadine.