Il veleno d’ape è secreto da specifiche ghiandole delle api di sesso femminile: le operaie, allo scopo di difendere l’alveare eliminando eventuali aggressori, e la regina, per uccidere le rivali. I fuchi non producono veleno. Quando un’ape punge un essere umano, il pungiglione rimane uncinato nella pelle e l’ape muore, perché nel tentativo di staccarsi si strappa gli intestini. Il veleno d’ape è anche portatore di un messaggio feromonale di allarme, che attiva anche altre api nella difesa dell’alveare. Nell’uomo il veleno d’ape può provocare  reazioni che vanno dal dolore localizzato, seguito da una sensazione di calore e di prurito, fino a delle vere e proprie reazioni allergiche e allo shock anafilattico, uno stato di ipersensibilità che può approdare a una reazione violenta, in rari casi con esiti mortali.

Nonostante questo, il veleno d’ape contiene una molteplicità di sostanze che possono essere usate efficacemente a scopo terapeutico per l’uomo, dopo aver verificato che non sia soggetto ad allergia.

Il veleno d’ape può essere utilizzato stimolando in modo programmato un’ape a pungere in un punto preciso del corpo (è sufficiente premere l’addome dell’ape per provocare l’estroflessione del pungiglione), oppure raccogliendo il veleno d’ape: si riesce a farlo utilizzando una stimolazione elettrica di 20-30 volt davanti alla porticina d’ingresso dell’ alveare, provocando così nelle api l’estroflessione del pungiglione e la secrezione del veleno, che cristallizza e viene raccolto su una lastra di vetro. In questo caso, avendo perso le sue parti volatili, viene chiamato “apitossina”.
Il veleno d’ape contiene soprattutto  peptidi ed enzimi, ed ha proprietà antinfiammatorie, neurotossiche del sistema nervoso centrale, antipiretiche, analgesiche, cardiotoniche, anticoagulanti, regolatrici della pressione sanguigna. Il suo campo d’applicazione spazia dalle malattie cardiovascolari,a quelle del sistema muscolo-scheletrico, del sistema endocrino, del sistema nervoso e anche in oftalmologia, dermatologia, ginecologia, immunologia e virologia.

Come si raccoglie il veleno d’ape
La prima produzione commerciale di veleno d’ape avvenne nel 1930 nel sud della Germania presso la fattoria Mack ad Illertissen. Questa dei Mack era una grossa azienda che, alla fine della stagione, dopo il raccolto della calluna, comprava i bugni villici da altri apicoltori della Germania del nord che li avrebbero, comunque, distrutti prima dell’inverno.
Il metodo in uso dal 1930 al 1937 prevedeva che delle donne stazionassero di fronte agli alveari e prendessero un’ape per volta e la facessero pungere in un tessuto che assorbiva il veleno. Il veleno era poi estratto facendolo sciogliere in acqua distillata, che veniva poi rimossa con un processo di liofilizzazione così che il veleno rimaneva in forma di polvere cristallina.
Il secondo metodo in uso dal 37 al 74, consisteva nel mettere delle api inumidite in una scatola con un coperchio ed un fondo di carta assorbente rivestito di gomma sottile. Il coperchio era spinto verso il basso in modo da formare uno strato sottile d’insetti. Alle api era applicato un leggero elettroschock e queste per reazione pungevano la gomma: il veleno rimaneva nella carta ma le api morivano. In seguito, l’estrazione per elettroshock è stata via via migliorata. Attualmente è utilizzato un apparecchio con dei fili a bassa tensione, posto dinanzi all’alveare: le api, toccando i fili, scaricano il veleno su una lastra di vetro. Qui il veleno cristallizza e viene raccolto grattandolo con una lametta.
Sembra facile, e lo è. C’è solo un piccolo problema: le api rilasciano anche il feromone d’allarme e gli alveari di tutto l’apiario s’inferociscono, attaccando persone ed animali nelle vicinanze!

Gli usi del veleno oggigiorno
Non si conoscono altri usi del veleno d’ape, se non quelli farmaceutici. L’unico uso autorizzato dalla medicina ufficiale in Europa e America settentrionale è per le terapie di desensibilizzazione di soggetti allergici al veleno. Invece, in Asia e nei paesi del’Est, il veleno d’api è usato dalle strutture mediche per una gran varietà di disturbi. Va tuttavia ricordato che l’applicazione di veleno, attraverso delle punture ben localizzate sta, crescendo anche in Europa come alternativa ad altri medicinali, che presentano spesso effetti collaterali.
La maggior parte di questi trattamenti avviene per artriti e infiammazioni reumatiche.
La somministrazione del veleno può avvenire in diversi modi: direttamente con delle api vive, con delle iniezioni sottocutanee, per elettroforesi, con unguenti, inalazioni o pastiglie.